Myanmar Private Journal – Italian Version

Hi guys,

the translation of the journal would take a while, so I start posting the Italian version of my Myanmar journal.
I hope you will like it, there’s a lot of very private things, emotions, facts, stuff. There will be a lot of misspellings, but I write most of this journal in really rough conditions (on bumpy train, buses, etc) and I’m too lazy to proofread it and correct it 🙂

Enjoy

—————————–

Giorno 1
ci siamo svegliati un’ora in ritardo perche il cell si era aggiornato all’ora solare, cosi in fretta e furia ci siamo preparati, sjeela e’ andata a cambiare I soldi e io sono rimasto alla guesthouse per depositare alcune borse.
Ci siamo ribeccati mezzora dopo di fronte alla famosa banca gialla e da li via di corsa con un taxi verso l’aeroporto.
Checkin, colazione da starbucks 10 euro per due, cosi per un mese siamo pieni di cibo occidentale. Il volo e’ andato bene, arrivati in Yangon decido di cambiare un po di soldi in aeroporto, nonostante su interner e sulla lonely planet avevo riscontrato pareri contrastanti, mentre sjeela decide di cambiare pochi e I restanti a mandalay.
Primo approccio con I burmesi: txi driver molto socievoli ovviamente, scherzano, ridono, ottimo inglese. Dopo un po di trattazzioni, prendiamo un taxi per dirigerci verso la stazione dei bus per comprare il biglietto per Mandalay.
La stazione dei bus e’ un’enorme campo di sabbia, polvere e casino assurdo: food stall, macchine, bus, taxi, gente che corre, pickups, gente che mastica roba strana e che sputa qua e la, ma finalmente arriviamo all’ufficio dove acquistiamo il biglietto per mandalay per 10400 kyat, ovvero 10 euro circa, e inoltre ci facciamo spiegare come arrivare in centro a Yangon con I local bus.
Ci incamminiamo fra polvere e caldo asfissiante, per saltare a bordo del bus 53 che ci portera’ nel centro di Yangon. Ovviamente siamo le super star del bus, tutti ci scrutano, ci sorridono, chi sa parlare un po di inglese si avvicina a noi per salutarci e chiederci da dove veniamo.. insomma essere una celebrity e’ dura! Sul bus si siede vicino a noi un ragazzo giovane e anche lui comincia a parlarmi: sta studiando a yangon da 6 mesi per diventare una guida turistica, il suo inglese e molto buono anche se a volte si imbarazza e dopo poco si offre di accompagnarci per una visita guidata gratuita all’interno della famosa Swe Pagoda. Finalmente dopo un oretta di bus arriviamo a destinazione, la gente per strada e’ cordiale, tutti sorridono mentre altri ci guardano con aria perplessa. Prima di entrare nella pagoda pero, ci fermiamo in un food stall per gustarci il nostro primo pasto burmese. Le prime parole che impariamo in burmese sono “no spicy” (eset masabu), “hello” (ming la ba) e “thank you” (je su ding ba de). Dopo un bel pranzo a base di veggies, riso e curry di pollo particolare, ci lanciamo all;interno della pagoda, dove il ragazzo ci spiega il piu possibile e risponde alle nostre milioni di domande. Si e’ fatto tardi cosi decidiamo di prenderci un tea tutti insieme, in un famoso tea shop burmese, dove passiamo un’altra bella mezzoretta a parlare di un po di tutto: sport, viaggi, lavoro, politica e religione. Purtroppo pero e’ arrivato il momento di andare, il ragazzo ci accompagna al bus dove si preoccupa anche di riferire al bigliettaio dove dobbiamo scendere, cosi ci spariamo un’altra ora e mezza di bus per ritornare alla polverosa mega stazione centrale dei bus per 200 miseri kyat.
Arrivati a destinazione, ceniamo in un ristorante locale e saliamo sul bus alle ore 9pm, dove ci aspettano 9 ore di lungo viaggio.

Giorno 2
siamo sul bus che da yangon ci porta a mandalay, abbiamo coperte, maglioni, acqua, spazio per le gambe, dentifricio e spazzolino. Il primo stop e’ dopo 3 ore, in un immensa stazione di servizio dove ci rilassiamo bevendo un buon te. Il posto pullula di gente, centinaiadi bus si fermano in questa stazione per rifocillarsi, forse siamo gli unici bianchi nei paraggi e tutti ci guardano e ci sorridono. A volte stupefatti ci passano accanto e nnon smettono di fissarci, ma spesso ci salutano amichevolmente. Vi ricordo che In Myanmar sono stati sotto dittature militare per molti anni e gli stranieri non potevano entrare nel paese, e’ da poco che hanno aperto le frontiere.
Finita la sosta, eccoci di nuovo in strada sul nostro bel pulmino, fino a che il bel pulmino, a un’ora imprecisata, si guasta e dopo una decina di minuti decido di andare a dare una mano con la mia torcia. Perdiamo quelle 3 ore per riparare dei cuscinetti, grazie anche al mio aiuto e alla mia potentissima headlight (ok nn ho aiutato per niente e la torcia non e’ neanche mia), cosi invece che arrivare alle ore 5am arriviamo alle 9am, ovviamente avendo dormito pochissimo sul bus.
Mandalay primo impatto: un delirio. Ci sono migliaia di biciclette, moto ovunque, nessuno rispetta le regole della strada, e’ un’anarchia totale, nessuno si ferma per far passare I pedoni, le macchine fanno dei peli pazzeschi a qualsiasi cosa.
Alla stazione dei bus di mandalay mi tocca trattare di nuovo per un taxi, stavolta due motorbike per portarci al piu centrale ostello economico. Partiamo come dei razzi e rischiamo la vita diciotto volte, giriamo 3 o 4 guesthouse ma la piu economica rimane il Royal Hotel, 13 dollari la doppia. Non ci fermiamo a riposare, dopo poch minuti siamo gia in strada in cerca di cibo.
Qui la gente e’ spiritosa, gentile e sorridente, intelligente e timida. Ci sentiamo come mosche bianche, non ci sono occidentali in giro, ci sentiamo dei veri avventurieri. Nel girovagare finiamo in una stradina, dove su un lato dei burmesi giocano a uno strano gioco da tavolo, con pedine colorate su un piano di legno liscio. Ci fermiamo a curiosare e subito ci invitano a sederci, ma vogliamo prima rifocillarci quindi li salutiamo con un “see you later”. Approdiamo in un ristorantino super affollato, dove ci accolgono 5 ragazzini con facce stupefatte e sorridenti: ci puliscono tavolo, sedie, ci spostano la sedia, ci fanno sedere, ci mostrano I menu e si allontanano sempre col sorriso. I prezzi sono ottimi, cosi ci buttiamo su 4 portate da condividere. Dopo la mega abbuffata irrorata da buon te caldo, riprendiamo la stradina precedente per finire a giocare con questi ragazzi burmesi a quel gioco da tavolo. Il gioco e’ difficile da spiegare, anzi in realta’ e’ facilissimo, ma non ho per niente voglia, vi dico solo che dopo 10 minuti c’era tutto il vicinato e commentare e a guardare questi due strani tizi bianchi giocare e meta’ di loro volevano giocare con noi. Alla fine ho giocato con 4 di loro e ho vinto una sola volta. La ragazza proprietaria del chiosco ci offre pure un discreto caffe e non ha nemmeno voluto I soldi! questo tipo di gentilezze mi lasciano sempre in imbarazzo e a bocca aperta. Salutiamo I nostri amici e torniamo in hotel per riposarci, ma verso le 17 eravamo gia in sella a uno scooter diretti verso mandalay hill. Ci fiondiamo subito a mangiare e subito dopo ci inoltriamo all’interno dell’enorme tempio che sta alle pendici della collina, che per qualche celebrazione buddista, era addobbato a mercato. Vagando in giro per il tempio, ci imbattiamo in un astrologo, dove per 7500kyat ci fa ad entrambi una lettura del nostro presente passato e futuro. Dopo poco meno di un’oretta salutiamo e all’esterno il paesaggio e’ totalmente cambiato: migliaia di persone popolano l’interno e l’esterno del tempio, cibo, giochi, mercanti, luna park e altre attrazzioni. La gente ci saluta e sorride, anche qui la presenza di occidentali e’ molto bassa, ma dopo un ora abbondante decidiamo di tornare alla casa base, cosi acciuffiamo un altro moto taxi e in 3 sulla stessa sella, ci lanciamo nel caotico traffico, pieno di petardi, fuochi d’artificio e gente un po troppo esagitata.
Dopo un viaggio in moto al limite della pazzia, ringraziamo tutti gli dei possibili per averci fatto arrivare in hotel sani e salvi e ci buttiamo nel letto stanchi e felici.

Giorno 3
Sveglia presto come al solito, oggi destinazione amarapura, un piccolo villaggio 11km a sud di Mandalay, famosa per il piu’ lungo teak bridge al mondo (1,2km), uno dei piu grandi monasteri in Myanmar (1500 monks) e per la fine fabbricazione dei famosi Longyi. Iniziamo la pedalata in direzione sud e il traffico e’ il solito delirio.A ogni incrocio sale il panico, ma appena capito il sistema si fila via lisci come l’olio: in pratica tu tiri dritto suonando il campanello piu’ volte degli altri, sperando che le altre macchine/moto/bici/trucks vedono che sei bianco e si fermano per pieta’. Dopo un 45 minuti arriviamo al monastero, ovviamente chiedendo indicazioni a 238 persone, e scopriamo inoltre che quel giorno e’ speciale per I monaci: finalmente dopo 3 mesi di confinamento all’interno delle mura del monastero, I monaci potevano uscire, viaggiare e parlare con altra gente. Ahime’ con nostro rammarico le strade si riempono di strani esseri armati di oggetti sofisticati legati ai loro colli, sandali osceni e calze bianche: si sto parlando proprio dei turisti. Lo spettacolo e’ cmq bello, all’ora di pranzo, ore 10.30, tutti e 1500 monaci si mettono in fila per ricevere il loro pranzo: una ordinata e impressionante processione di tonache rosse, amaranto. Prima che I turisti si disperdano, ci defiliamo in una stradina secondaria del monastero, alla ricerca di un angolo carino, di una chiaccherata sincera o di qualcos altro di strano. Ci avventuriamo per sbaglio all’interno delle cucine del monastero, una vera e propria catena di montaggio dove ognuno ha un preciso compito: chi pela le cipolle, chi pulisce il pesce, chi gira il riso, chi taglia il pesce, chi tiene accesi gli enormi fuochi, ecc. Sfuggiamo alle cucine affollate e indaffarate, per finire in una zona studio dei monaci, dove qui incontriamo un monaco che insegna inglese e pali e gli altri monaci. Ci mostra la libreria e la sua classe, e ci racconta cose importanti riguardo il buddismo. Si aggiungono altri 3 monaci, tutti e 3 cambogiani, e sjeela ed io sfoggiamo il nostro repertorio di lingua cambogiana, che termina esattamente dopo 20 secondi. Sono molto socievoli e aperti e parliamo di tutto e un po. Il monaco maestro vuole fare una foto tutti insieme per poi accompagnarci verso il teak bridge dove ci salutiamo in modo caloroso e sincero.
Ci incamminiamo sul ponte, che sembra non finire mai, il sole picchia di brutto e piu avanziamo verso la fine del ponte, meno tizi bianchi incontriamo e piu’ turisti burmesi appaiono, ovviamente ci fermano per salutarci, per chiederci da dove veniamo e a volte per fare delle foto insieme. Alal fine del ponte ci ritroviamo in un delirio di moto bici e macchine! Scappiamo dal traffico rifugiandoci in uno dei tanti monasteri. La fame si fa sentire e quindi decidiamo di cercare un posto per mangiare all’interno del villaggio vicino. Il villaggio e’ povero, ci sono capanne/case, capanne/negozi, capanne/ristorante, insomma tutto e’ capannoso. Tutti come al solito ci accolgono e ci sorridono in modo amichevole e gioviale, adocchiamo dopo poco un ristorantino, ma la paura del tifo/tetano/diarrea/colera quasi ci fa cambiare idea, ma poi ci diciamo “fanculo la diarrea”.
Ci accoglie un simpatico ragazzo, con un discreto inglese, ordiniamo roba a caso sperando di non mangiare le interiora di qualche animale, risultato? Ci mangiamo un botto di riso, pollo al curry, fagioli saltati, verdure, bis di fagioli, bis di verdure e caffe.. x la modica cifra di 1 euro a testa. Non ci volevo credere. Ce ne stiamo li a chiaccherare con la gente e a giocare con bambino del ragazzo, mentre lui ci fa delle foto ma e’ tempo dei saluti e ce ne andiamo veramente a malincuore, sicuri di aver lasciato il segno, perche sicuramente loro il segno lo hanno lasciato in noi.
Ci avviamo in bici verso casa, ma non prima di aver comprato I famosi longyi, vestiti classici burmesi. Girando e girando, finiamo in una stradina dove adocchio una casa dove delle donne stavano accovacciate per terra a scegliere dei longyi. Cominciamo a curiosare, e in quattro e quattrotto eravamo circondati da: madre, padre, figlio e fratello. Uno dei figli parla un buon inglese e ci insegna come indossare questi longyi. Dopo una buona mezzora a provare e riprovare, finalmente ne acquistiamo due e il ragazzo ci offre del buon caffe che non rifiutiamo. Parliamo di un sacco di cose con il ragazzo: donne, sport, religione, scuola, ecc, e cosi due ore volano. Foto di rito e ci salutiamo con affetto e calore, come solo I burmesi sanno fare. E’ quasi tramonto, e sulla strada del ritorno ci assaporiamo un tramonto sul lago molto ricco di colori. Siamo stanchi e arriviamo a fatica in hotel. LE celebrazioni continuano per le strade, con fuochi d’artificio, candele ovunque e petardi.. ma per noi e’ ora di dormire.

Giorno 4
Sveglia presto ore 7, piu stanchi del solito: I festeggiamenti della notte prima sono andati avanti fino a notte fonda impedendoci quindi di approfittare di un buon sonno ristoratore. Colazione in hotel e via per le strade polverose e trafficate di Mandalay, questa volta la nostra meta e’ Sagaing, una citta’ che si trova a 18km. Pedalate faticose e dure, vuoi per il caldo, vuoi per la stanchezza, ma ci si difende a colpi di papaya, acqua e mandarini. A un certo punto ci troviamo di fronte a un’enorme ponte, a un lato un gabbiotto dei poliziotti, alche’ mi viene un dubbio: non e’ che adesso ci chiedono di pagare la tassa di passaggio? Ci accostiamo proprio nei pressi del gabbiotti, per scattare qualche foto al paesaggio e per ristorarci, quando improvvisamente esce dal gabbiotto un poliziotto alto e nerboruto; si avvicina a me e mi chiede “where are you from?”, io rispondo prontamente “Italy” e il poliziotto senza aprire di nuovo bocca, gira I tacchi e se ne torna nel gabbiotto.
Vabbe’, imbocchiamo finalmente il ponte per poi trovarci subito dopo alle porte di Sagaing, dove decidiamo di dirigerci verso “downtown”. Girovagando senza meta, ci troviamo sul lato destro un invitante portone aperto, che probabilmente conduce poi al fiume. Imbocchiamo il vialetto con le nostre bici e scopriamo di essere entrati in un monastero. Lo attraversiamo per arrivare infine a una scala di pietra che conduce al fiume. Parcheggiamo le bici e scendiamo le scale per perlustrare le rive del fiume, dove scopriamo delle monache fare il bagno nel fiume (ovviamente vestite) con altri ragazzi e ragazze. Ci avviciniamo e gia si percepisce il loro imbarazzo e timidezza, ma al primo “ming la ba” si rompe il ghiaccio e subito ci invitano con loro in acqua. Purtroppo rifiutiamo, sia io che Sjeela abbiamo delle ferite aperte e il fiume non ha un bel colore limpido invitante, al contrario sembra veramente sporco. Mentre loro si divertono, noi ci accomodiamo su delle rocce per tagliarci e mangiarci una bella papaya gigante, che offriamo alle monache ma che rifiutano prontamente (monaci mangiano alle 5, alle 11 e mai dopo le 12). Dopo una mezzoretta ci abbandonano tutti mentre noi decidiamo ancora un po per perlustrare l’area, ma dopo poco veniamo avvicinati da un monaco, probabilmente e’ stato avvisato dalle monache, il suo nome e’ “full moon”, ha 23 anni ed e’ da 10 anni che fa il monaco. Il suo inglese e’ discreto e si offre di farci vedere I dintorni del suo monastero. Ci fa vedere pagode e viste magnifiche, spesso si attacca al mio braccio o mi abbraccia, ma l’ora e’ tarda e I nostri stomaci brontolano, quindi avvisiamo il nostro amico monaco che ci dobbiamo salutare dato che dobbiamo andare a pranzo ma lui si offre di ospitarci per pranzo nel suo monastero, a quel punto non puoi rifiutare un invito del genere. Ci accompagna al monastero dove facciamo la conoscenza con altri due monaci e altri due signori che aiutano all’interno del monastero. Ci mostrano dove studiano e dove dormono e infine la sala da pranzo. Entrati nella sala da pranzo scopriamo con grande sorpresa che il tavolo e’ gia stato addobbato nel frattempo, con piatti e scodelle piene di cibo. Ci invitano ad accomodarci per terra, ma notiamo che ci sono solo due coperti, I monaci a quell’ora non mangiano e I due signori sono in realta’ I cuochi. Noi super imbarazzati ci sediamo, un’accoglienza cosi’ sincera, genuina e spontanea non l’avevo mai provata, seppur eravamo in una casa di legno, seduti per terra, in un’ambiente molto umile, ci siamo sentiti molto importanti e molto felici di essere li in quel momento.. e chiaramente cominciamo a mangiare. Le portate sono semplici, ma gustose e genuine: fagioli secchi, pesce al curry, melanzane e altre portate a base di verdure che non riusciamo bene a identificare. Iniziamo a mangiare in un silenzio imbarazzante, forse loro non erano sicuri che noi potessimo apprezzare la loro cucina e quindi aspettavano un nostro segno, che non si fa attendere: “Uhmmmm Sa Ci De (delizioso)”, tutti scoppiano in sonore risate e rotto il ghiaccio, si comincia a parlare di qualsiasi cosa: politica, natura, religione, sport, fidanzati e fidanzate, ecc ecc. Full Moon e uno dei due signori parlavano un inglese discreto, ci facevamo capire, mentre l’altro cuoco e I due monaci un inglese base, ma le risate e le discussioni non mancano. Mangiamo a piu’ non posso, appena terminiamo una scodella, subito ce la riempono di nuovo, e dopo un’oretta abbondante o forse di piu’, siamo pieni come dei rinoceronti e quindi ci invitano a spostarci all’esterno. Ci sciacquiamo il viso e le mani e poi ci accomodiamo con loro su delle panchine per una chiaccherata finale. Il tempo passa e dopo poco ci tocca congedarci, Full Moon e’ ancora molto affettuoso e mi da la mano, mi abbraccia e mi stringe, mi chiede anche la mia email e mi promette di scrivermi presto. A malincuore salutiamo tutti e di risposta ci salutano con affetto e calore, partiamo di gran carriera in sella alle nostre bici sgarruppate, per dirigerci verso la collina di Sagaing. Arrivati ai piedi della collina lasciamo le bici e proseguiamo a piedi su per gli scalini. La salita e’ lunga e stancante, ma in cima ci gustiamo un panorama bellissimo.
E’ arrivato il momento di tornare verso casa, ma sulla via del ritorno cadiamo in tentazione: ci fermiamo in una “beer station” per farci un paio di draught, per riposarci e per sfuggire alla polvere della strada.
A mandalay ceniamo in un ristorantino locale (5000k in due) e come sempre ci fiondiamo a letto, stanchi, contenti e soddisfatti.

Giorno 5
Questa giornata volevamo dedicarla a Mingun, ma decidiamo infine di visitare Mandalay Hill e prendercela con comodo. Prendiamo un taxi motorbike e dopo poco siamo gia ai piedi della collina. La salita’ e’ faticosa e lunga, piu’ lunga di quella di Sagaing. Non so quanti scalini ci siamo fatti, ma sicuro piu’ di 1000, in cima ci troviamo davanti a un bel panorama, ma niente di super entusiasmante. Torniamo verso la citta’, per andare a pranzo nel nostro posto preferito, dopo pranzo ci carichiamo I nostri backpack e dopo poco siamo gia pronti sul pick up per dirigerci verso una nuova destinazione: Pwin Oo Lwin.
Paghiamo il trasporto (2500 each) e chiediamo se e’ possibile restare sul tetto del pick up per il viaggio. Per me va bene, ma dicono di no per Sjeela, dato che le donne non possono stare sul tetto, per loro e’ segno di non rispetto verso gli uomini. Dopo un po di pressione da parte mia (Sjeela e’ un po timida) finalmente acconsentono, ci accovacciamo insieme a un altro ragazzo e ai nostri bagagli e ad altri scatoloni e dopo poco il pick up parte a razzo. Per la strada tanti ci salutano ed altri rimangono a bocca aperta, ci deliziamo gli occhi anche con un tramonto spettacolare: un disco perfetto che si va a nascondere nelle colline alle nostre spalle, prima rosso fuoco e le nuvole in fiamme, per poi cambiare tonalita’ in arancio, viola e tutte le possibili sfumature di giallo. Pelle d’oca. Poi la situazione, il vento, la polvere,la strada, I colori e Sjeela.. un tramonto perfetto in tutte le sue forme. Ancora adesso pensandoci (dopo quasi un mese) sento l’emozioni di quella situazione, mando quindi un bacio e un abbraccio sincero a Sjeela per la sua presenza in quel momento.
Arriviamo a capolinea nell’oscurita’, saltiamo su un taxi che ci porta in un hotel economico. Ci rilassiamo un attimo in hotel, laundry e poi cena nel night market in compagnia di ragazzi e ragazze locali, come sempre accolti in modo sincero e caloroso. Il letto ci attende. Good Night.

Giorno 6
Ci svegliamo carichi, super riposati e gasati dalla giornata che ci attende: oggi si va alle cascate. Dalle poche info che abbiamo, sappiamo che distano circa 9km dal centro citta’, quindi tenuta da trekking, zaino ready e via a noleggiare una bella bici (2000k a testa). Prima tappa, nn lontana dall hotel, il central market, dove ci aspetta una probabile ricca colazione. Prima pero’ per la modifca cifra di 700k ci compriamo una papaya, 2 banane e 2 mandarini. Entriamo nel mercato e scopriamo che in realta’ e’ piu’ grande di quel che sembra. E’ molto pulito, al contrario di certi altri mercati in thailandia o cambogia, e tutti come al solito sorridono, salutano e fanno commentini ridacchiando.Troviamo dopo poco un ristorantino dove servono zuppa di pesce con fagioli secchi, verdure e altre cose sconosciute all’uomo bianco. Colazione in pancia e via a pedalare, destinazione Anisakan, il paese dove troveremo le cascate. LA strada si rivela tranquilla, facile e sempre in discesa! Ci godiamo la “non” pedalata, quando dopo poco ci sorge un intelligentissimo dubbio: ma se all’andata e’ tutto in discesa, al ritorno sara’ tutto in salita! Che geni del male! Vabbe, dopo una giornata di trekking e cascate, 9km di salita non e’ che sono uno spasso, ma ci arriveremo piu’ tardi.Arriviamo finalmente al bivio per la cascata, ma prima sbagliamo strada per colpa della Lonely Planet, schiviamo il traffico come dei ninja e ci buttiamo giu per un altra discesa. Dopo 40 min dalla partenza, arriviamo all’ingresso del sentiero che porta alle cascate. Li incontriamo una ragazza francese, che si mette a raccontarci dei suoi viaggi e della sua vita, che vi risparmio perche’ sicuramente non ve ne frega molto e francamanete nemmeno a me. Purtroppo, dopo una mezzora spesa a parlare con questa radio francese, ma anche dopo esserci riposati e gustati qualche frutto, siamo pronti per incamminarci verso le cascate. Il percorso e’ facile e in discesa ma il sole picchia come non mai, cosi ci costringe a fare ripetute soste all’ombra per dissetarci e riposarci. Dopo circa 45 minuti odiamo un rumore famigliare: acqua che si infrange in modo violento su delle rocce! La prima cosa che scorgiamo e’ un ponte di legno tutto rotto, e da quella prospettiva sembrava che dovevamo arrampicarci sul ponte ed attraversarlo, ma aggirandolo da sotto, ci troviamo davanti a una vista stupenda: una cascata enorme alta 30 metri, ricca di acqua e ai piedi una pagoda d’oro. Ci avviciniamo per ammirare il violento infrangersi dell’acqua, dove approfittiamo, anche per merito del vento, di una doccietta rinfrescante. Ci appostiamo su dei tavoli li vicino per tagliarci la nostra papaya, che offriamo anche a dei bambini che giocavano li nelle vicinanze. Chiediamo info al chioschetto che c’e’ li vicino alla cascata, per poi ritrovarci ad avere come guide due bambine di 7 o 9 anni. Ci fanno imboccare un sentiero diverso che stavolta va in salita, piu’ difficile e ricco di vegetazione, molti sassi da scalare , quando a un certo punto le bimbe si fermano indicano un albero , ma non capiamo. Una di loro a un certo punto dice “snake” ma io di serpenti non ne vedevo. Massi’ eccolo! Era verde, un verde identico al colore delle foglie, cosi prendo un bastone e cerco di “invitare” il serpente ad arrampicarsi piu’ in alto, cosi da favorirci il passaggio sotto l’albero. Il serpente non si fa attendere e piano piano scivola via verso la cima dell’albero. Thank you Mr Snake! Proseguiamo per 5 minuti sempre in salita, quando finalmente arriviamo sulla cima della cascata. Le bimbe ci invitano a togliere scarpe e calze e a lasciare gli zaini e poi ci fanno cenno di seguirle. Ci avventuriamo lungo il bordo della cascata, dove sotto di noi c’e’ un bel salto di 30 metri verso morte certa! AAAAAAhhh.. paura! Le pietre sono scivolose, ma la vista e’ bellissima, la scarica di adrenalina si fa sentire, e l’istinto di sopravvivenza mi spinge ad allontanarmi dal bordo. Le bambine pazze proseguono senza sosta, ma a quel punto ci chiediamo: ma se le bambine ci vanno, ci andiamo anche noi?? Certo!! Ci arrampichiamo sopra altre due cascate, passiamo letteralmente attraverso piccole rapide, su rocce scivolose schivando rami e alberi. Le bimbe se la spassavano come se fossero al parco giochi, mentre noi lenti e timorosi misuravamo ogni passo. Il tempo passa ed e’ tempo di tornare, sono state ore intense cariche di adrenalina, stupore e divertimento, cosi’ le bimbe ci riaccompagnano verso il nostro sentiero, piccola mancia per loro (2000k each) e via verso casa. La strada del ritorno e’ tutta in salita e faticosa, il caldo e’ tiranno e non ci da tregua. Cerchiamo di prendere diverse scorciatoie, ma una di queste ci porta lontano dal sentiero e perdiamo un buon 10 minuti nella foresta, non sapendo dove stavamo andando. Torniamo sui nostri passi e stavolta niente piu’ scorciatoie! Arriviamo dopo un’ora abbondante al punto di partenza, stanchi e sudati marci, dove ci rifocilliamo con banane, te caldo e molta acqua. Cominciamo a pensare che non ce la faremo mai in quello stato a tornare a casa in bici, 9km in salita sono pesanti anche da riposati, figuriamoci da stanchi morti! In lontananza vedo un pickup carico di monaci, cosi’ decido di avvicinarmi e a chiedere se e’ possibibile avere un passaggio, sapendo che I monaci raramente rifiutano di aiutare. Cosi finiamo col caricare le bici sul pick up ed a scroccare un passaggio almeno alla strada principale, dato che I monaci poi avrebbero girato nella direzione opposta. Arrivati in cima salutiamo I monaci e li ringraziamo per la gentilezza, ma il nostro umore e’ sotto le scarpe: ci aspetta una lunga pedalata verso l’hotel. Ma dopo pochi metri vedo un altro pickup parcheggiato e mi avvicino a uno dei tizi che sostavano nei pressi del mezzo. Chiedo gentilmente se e’ possibile caricare le bici e portarci all’hotel, lui accetta e per la modica cifra di 1000k tutti e due, eccoci li dentro il pickup, felici e sorridenti verso casa. Arrivati andiamo direttamente a cena per poi finire sotto una doccia fresca e poi a letto. Meritato riposo dopo un’altra lunga e faticosa giornata. E che giornata!

Giorno 7
Colazione al mercato e poi diretti alla stazione per prendere il treno per Hsipaw. L’attesa in stazione e’ lunga e a tratti nervosa per via dell’alto numero di stupidi turisti bianchi che si lamentano per qualsiasi cosa. Non so per quale motivo questa gente viene in Myanmar! Si sa che e’ un paese sotto dittatura, dove e’ difficile viaggiare, dove non e’ detto che tutto funzioni nel modo corretto, anzi, invece sti bifolchi pretendono che tutto fili liscio come l’olio e in piu’ sono gli stessi che si affidano a grossi tour operator spesso gestiti dal governo e alloggiano in grossi alberghi di lusso anche questi gestiti dal governo. Quindi il risultato e’ che arrivano, si lamentano e in piu’ alimentano con I loro soldi una dittatura e un governo corrotto. Ottimo. Fine sfogo, doveroso direi. Dopo una buona oretta abbiamo I nostri biglietti in mano (3$ each), ci accomodiamo nel nostro vagone dove per fortuna siamo in compagnia di soli burmesi. Hsipaw non e’ molto lontano, ma il treno e’ lento e si balla parecchio per via della cattiva manutenzione delle rotaia, al contrario il paesaggio e’ bellissimo, rice fields, montagne, colline, gorges e nessun segno di deturpamento da parte dell’uomo. Arriviamo a destinazione dopo circa 6 ore e saltiamo subito su un tuk tuk che ci porta in una guest house che purtroppo era gia al completo, ma il padrone ci prenota una guest house vicina e cosi ci mettiamo in cammino, e dopo una decina di minuti siamo gia nella nostra nuova sistemazione, armi e bagagli chiusi in camera e noi a scarpinare gia per la citta’ in cerca di informazioni. Info che non tardano ad arrivare: una coppia di francesi ci consiglia di andare alla Mr Charles Guesthouse, un ottima fonte di info appunto per organizzare trip nei paraggi di Hsipaw. Ci rechiamo quindi dal Signor Charles, dove dopo una chiaccherata e una consultazione fra me e Sjeela, decidiamo di prenotare un 1 day trekking dove ci aspetta: waterfall, trekking, visita ai villaggi e trip finale in barca nel fiume (9k kyat a testa).
Ottimo, cena, giretto per la citta e poi nanna, per recuperare un po di forze.
Giorno 8
Ore 8.30, colazionati, zainati, pronti davanti al punto di raccolta dove facciamo conoscenza con gli altri partecipanti della spedizione e della guida, un simpatico ragazzo nativo di Hsipaw. Ci lanciamo di gran carriera sul percorso, prima tappa: le cascate. Lungo il tragitto visitiamo una “fabbrica” di noodles, e dopo un’oretta di cammino in un paesaggio non particolarmente entusiasmante, arriviamo alle cascate. Meno impressionante sicuramente della cascata del giorno prima, ma lo stesso molto bella, molto alta e l’acqua alla base e’ fresca ed e’ molto rilassante nuotarci. Dopo poco ci raggiungono altri turisti, ma in acqua entriamo solo io e Sjeela, e per un buon 10 minuti ci divertiamo nel laghetto della cascata. Ci rimettiamo in cammino subito dopo, prossima tappa: un villaggio in collina, dove ci aspetta un pranzo a base di Shan Noodles. Sulla strada visitiamo una scuola piena di monache, molto timide e come sempre incuriosite dalla nostra presenza. Ci fermiamo inoltre in una capanna dove producono degli snack a base di mais. La giornata e’ soleggiata e a tratti nuvolosa, non molto calda quindi perfetta per camminare: I paesaggi si alternano a rice fields, distese di mustard fields e piantagioni di verdure varie. La fame si fa sentire e in men che non si dica, arriviamo alla nostra meta, un piccolo chiosco dove dei simpatici abitanti del villaggio ci cucinano un buon pranzo a basa di Shan Noodles.
Dopo pranzo ci avviamo verso altri bellissimi paesaggi e passiamo attraverso altri piccoli villaggi, dove gli abitanti come al solito ci salutano e ci scrutano in modo curioso. A fine giornata ci aspetta un bel giretto in barca nel fiume per tornare alla base.
Si e’ fatta sera ormai, il trip si e’ concluso, e stanchi e stremati non ci resta che buttarci sotto la doccia e subito dopo gustarci una buona cena locale annaffiata da della birra fresca.

Giorno 9
Giornata all’insegna del relax: sveglia tardi, colazione ore 9 sul balcone e poi con molta calma, far su I backpacks. Tempo dei saluti anche qui: salutiamo con affetto I ragazzi burmesi della guesthouse, e alle 14 siamo gia sul bus direzione Kalaw. Non c’e’ molto da raccontare: incontriamo un ragazzo israeliano molto simpatico, ritardiamo per un’incidente sulla strada, dormiamo male e a tratti. Solite cose.

Giorno 10
Arriviamo a Kalaw intorno alle 3 di mattina, senza guesthouse prenotata, ci troviamo a girare per le strade a suonare campanelli. Finalmente una guesthouse ci apre le porte e ci accoglie, ma non e’ possibile fare il check in, quindi ci buttiamo nel freddo della piccola reception, su dei divani sgarruppati, a dormire fino alle 7. Io mi sveglio all’alba e mi gusto una bella e strana e nebbiosa alba. E’ ora di fare il checkin e sistemare le cose in camera, e fare un piccolo riposino. Il riposino dura ben poco, dopo poco siamo gia a chiaccherare con I padroni della nostra guesthouse per organizzare un 3 giorni di trekking fino a Inle Lake. Accettiamo subito e paghiamo la nostra quote (12k kyat per day + 4k per la barca +4k per trasferimento backpack). Spendiamo la giornata gironzolando per Kalaw, nel mercato sopratutto, ma la cittadina non e’ nulla di speciale, ma come Hsipaw e’ infestata da un sacco di turisti. Ancora una volta grazie Lonely Planet per convogliare tutti I turisti in un solo buco di paesino.

Giorno 11
Sveglia ore 6, non voluta ma decisa dal mio stomaco: crampi violentissimi e dolori lancinanti. Vado al bagno 3 volte nel giro di 10 minuti e quasi decido di dare forfeit per il trekking. Ma dopo poco I crampi si fanno meno violenti e mi imbottisco pure di charcoal pills, che male non fanno.
Facciamo conoscenza con gli altri membri del gruppo: Igal (Israeliano beccato sul bus), Pyn (Uk), Natalie (US) e Caroline (Can-Aus) e la nostra guida che si fa chiamare Bu proveniente dal Chin State. Ci incamminiamo verso le 9 sotto un bel sole caldo e cominciamo a fare una conoscenza piu’ approfondita con gli altri membri della spedizione. I paesaggi che circondato sono colorati e variopinti: rice fields, mustard fields, califlower, wheat e dopo neanche due ore di cammino spedito, siamo gia’ su una bella collinetta, pronti a gustarci un bel pranzetto burmese-indiano. La vista e’ molto bella e tira anche un venticello freschino fastidiosino. Dopo pranzo ci avviamo verso il villaggio dove alloggeremo per la notte. I paesaggi sono belli ma monotoni, niente di entusiasmante e cosi’, dopo una bella scarpinata di tre ore, raggiungiamo il villaggio dove veniamo subito accolti dal padrone di casa. Il villaggio e’ piccolo, 100 abitanti, ma le case/capanne sono ben curate e circondate da piantagioni di ogni tipo, maiali, galline, mucche e bufali. Ci sistemiamo nella nostra bella casetta, diciamo piu’ una capanna, composta da un paio, cucina piccola coperta esterna, e all’interno una stanza grande e una piu’ piccola. In quella grande dormiamo noi, in quella piccola il resto della famiglia. Abbiamo inoltre tutto il necessario: materassini (ini ini), coperte pesanti, cuscini , un bel tavolo gia imbandito di cibo e tanta birra. Io purtroppo con la mia cagarella non posso bere, ma mi sono buttato senza vergogna sul cibo. A fine cena si gioca a Truth or Sing e cosi’ alla fine ognuno di noi canta una canzone del proprio paese di origine, io mi sono lanciato su un classico “O Sole Mio”. Si fa tardi ormai (9:40pm) e siamo stanchi morti, quindi decidiamo di buttarci a letto per una bella dormitona. Ah dimenticavo! Il cielo stellato nelle campagne Burmesi e’ assolutamente spettacolare!

Giorno 12
Sveglia semi presto alle ore 7, colazione, denti lavati, zaino pronto e rieccoci pronti a scarpinare per le colline burmesi. Salutiamo la famiglia che ci ha ospitato e via verso la nostra prossima meta: un piccolo villaggio nascosto fra delle colline. I paesaggi si alternano questa volta: colline, pianure, rotaie (!!) e rocce ma finalmente dopo 4 ore di cammino arriviamo al villaggio dove mangiamo dei buonissimi vermicelli con verdure fresche, zuppa e pomodori freschi. Finito il mega pranzo ci parte l’abbiocco di massa ma ahime’ dura poco la siesta, Bu (la nostra guida) ci chiama a gran voce: e’ il momento di ripartire. Noi lenti come delle lumache, ci ripigliamo, raccogliamo le nostre cose e cerchiamo di raggiungere la nostra guida Bu, che nel frattempo si era gia’ avviato. Ma dopo poco sparisce all’orizzonte e ci ritroviamo a inseguirlo come dei disperati. E qui parte il drama!!
Premessa: Bu e’ un simpatico ragazzo di 23 anni, proveniente dal Chin State, alto 1 metro e 50, carnagione scura, occhi neri, capelli neri, simpatico, intraprendente e mastica un inglese decente.
Quindi, eravamo rimasti che stavamo rincorrendo la nostra guida, ma la sua camminata e’ veloce e non riusciamo a raggiungerlo, ma sulla fascia sinistra, il nostro amico israeliano scatta e lo raggiunge dopo una corsa faticosa fra I sentieri. Lo blocca per chiedergli spiegazioni, ma vi faccio un riassunto: prima di pranzo 3 di noi, Iglo, Pyn e Natalie, stavano criticando l’operato dei padroni della guest house, dove tutti abbiamo prenotato I 3 giorni di trekking, ma Bu a causa del suo inglese, ha capito che stavano criticando LUI! Cosi dopo il famoso pranzo, in un mix di orgoglio, dispiacere e rabbia e chissa’ cos’altro, Bu si e’ incamminato in modo spedito e noi dietro a rincorrerlo, a volte cercando di indovinare per quale sentiero si e’ avviato. Comunque dopo averlo bloccato e cercato di spiegare in mille modi diversi che nessuno ce l’ha con lui, finalmente (forse) ci capisce e ci lasciamo il passato alle spalle (famosa frase dei 3 giorni di trekking).
Verso sera, prima del tramonto, arriviamo al monastero dove pernotteremo e mangeremo. L’accoglienza non e’ stata delle piu’ gioiose, tutt’altro: il posto brulica di turisti, nel monastero ci sono 4 o 5 monaci anziani e una decina di novizi, che non ci degnano manco di uno sguardo o di un saluti. Ci indicano solo dove dormire, in un’ala del monastero, per terra, su dei sottili materassini.
Per consolarmi mi vado a fare una “doccia” al tramonto: in un cubicolo all’aperto, con una ciotola mi verso dell’acqua fredda addosso e cerco di insaponarmi come posso. Ma ho il tramonto bellissimo, una vista su degli immensi rice fields e piantagioni di mille colori e poi sono in Myanmar, ma cosa voglio di piu’? Mi metto subito in pigiama e sistemo il mio “letto”, Bu ci chiama per la cena in una sala antigua al monastero, dove ci siamo solo noi, dove il nostro cuoco privato ci fa trovare pronta una cena ricca e gustosa: riso, noccioline, insalata di pomodori, melanzane in salsa, pesce al curry e nuvolette di gamberi. Descritta cosi sembra na cagata, ma vi assicuro che e’ stato una cena veramente super deliziosa. E poi si cena a lume di candela e il dopo cena e’ ancora piu’ interessante: 5 bottiglie di rum non vedono l’ora di essere consumate, cosi ci lanciamo in drinking game e baldoria. La serata scorre via tra risate, scatti fotografici improponibili e bevute al “lasciamoci il passato alle spalle”. Particolare della serata e’ che I nostri amici burmesi hanno sboccato l’anima. E’ tempo di tornare al monastero per dormire, e chiaramente quasi tutti sono ubrachi, casino epico e chiaramente svegliamo tutti, monaci compresi, che prontamente ci insultano in ogni lingua conosciuta, penso anche in Pali, l’antica lingua del Buddha. Il pavimento e’ duro e ci metto un po ad addormentarmi, anche per colpa della mia vicina di letto che spinge, si gira, si rigira, si alza, insomma, Sjeela non sa proprio stare ferma! 🙂
Passano poche ore e si ode nel monastero un lamento che prende forma pian piano e va crescendo: sono I bambini monaci che alle ore 5 di ogni mattina si mettono a cantare, ma ahime’ sono stonati come pecore.. che adorabili! Rimaniamo devastati nei nostri giacigli fino alle 6, dopodiche’ avevamo due scelte: o uccidere I bambini monaci o fare colazione. Optiamo per la numero due, pancake, banane, miele e te caldo ci calmano gli istinti omicidi, dopo una bella lavata di faccia e di denti, siamo belli freschi come dei totani fritti, pronti a ripartire alla grande.
Prima della partenza, Bu ci chiede di fare una donazione per il monastero… vediamo un po: monaci scontrosi, letti puzzolenti, puzza di piscio nella sala da pranzo, sveglia devastante alle 5 con I bambini stonati…. beh certo, faremo sicuramente una donazione sostanziosa!!!! Raccogliamo fra noi 6 circa 4000 kyat (4 euro) e ci presentiamo davanti al monaco anziano. Ah dimenticavo! Ci hanno chiesto di firmare il guestbook, e dopo una serie di animate discussioni, Pyn decide di lasciare questo messaggio:” It’s alright. Uk, Holland, Italy, Israel, Usa, Australia.”
Quindi dove eravamo? Ah si, davanti al monaco anziano. Bu gli presenta la donazione, il monaco poi comincia a parlare in modo strano con Bu per poi improvvisamente alzare la voce e farsi scontroso. Agitava il dito indice di qua e di la e poi scopriamo come mai era cosi’ incazzato: era un po contrario al nostro modo di tornare nei nostri alloggi riferendosi alla notte prima, e poi non era contento della donazione che era troppo bassa. Insomma, ci stava sbattendo fuori hahaha!
Quindi, dopo esserci ubriacati ed essere stati sbattuti fuori dal monastero, ci lanciamo alla velocita’ di un bradipo zoppo sul sentiero che ci dovrebbe portare alla meta finale. Il sole picchia di brutto e alle 7 di mattina le gambe sono pesante, ma cio non placa il nostro entusiasmo. Ci fermiamo solo 37 volte per mille motivi diversi: pisciare, bere, allacciarsi le scarpe, fare una foto, allacciarsi il bottone della camicia, scaccolarci.. alche’ Bu si stava un po spazientendo perche’ eravamo lenti e scazzati. E ci credo, abbiamo dormito sul cemento per due ore dopo aver bevuto rum tutta notte ahhahaa!
Arrivati in una capanna circondata da palme e fornita di comode sdraio, decidiamo di prendere il controllo della spedizione e ci fermiamo a riposarci, anche se la nostra guida non era favorevole: ormai comandiamo noi Muahuaha! Ma Bu ci rompe le pelotas, e ci tocca ripartire dopo poco, ma arriviamo in men che non si dica al fiume, dove ci aspetta un pranzo finale tutti insieme e una bella gita in barca. Il tempo a tavola vola, e fra una birra e l’altra si e’ fatta l’ora, saltiamo in barca destinazione Nyang Swe, dove ci aspettano I nostri bagagli che sono stati trasferiti da Kalaw.
E’ tempo di saluti: baci e abbracci con il nostro Bu e il cuoco, ed eccoci di nuovo zaino in spallo alla ricerca di un posto dove alloggiare nella super turistica Nyang Swe. Io e Sjeela ci stacchiamo dal gruppo e ci sistemiamo al Gipsy Inn, ma tempo di una doccia e di un riposino e ci reincontriamo con gli altri ragazzi per una cena insieme, cena a base di montone al curry e mille verdurine varie.
E’ ora di schiaffarci nel letto, stremati ma felici!

Giorno 13
Colazione ore 8 e ritrovo con gli altri alle 10:30, mattinata all’insegna del relax e del fare le cose con calma. Oggi visiteremo un villaggio a 30 minuti di barca da Nyang Swe, dove producono un tofu particolare fatto con fagioli gialli e inoltre visiteremo delle terme naturali. Visitato il villaggio dove abbiamo visto come producono il tofu, terme naturali skippate, non ci rimane che abbuffarci in qualche ristorantino e poi tornare indietro. Raccattiamo armi e bagagli e ci ritroviamo nella guest house dei nostri amici, per un ultimo drink tutti insieme e per farci un’ultima chiaccherata. Ore 18 ci aspetta il bus per Bagan. Un’altro night bus. Speriamo bene!

Giorno 14
Come al solito arriviamo a destinazione con 3 ore di anticipo rispetto all’orario comunicato, quindi ci ritroviamo a Bagan nel mezzo della notte. Quindi che fare? Veniamo subito circondati da tizi che ci offrono taxi, horse cart e chi piu ne ha piu ne metta. Siamo stanchi, confusi e scazzati, ma bisogna prendere in mano la situazione e capire cosa fare e dove andare. Alla fine decidiamo di rimanere svegli per altre 3 ore e quindi andare a gustarci la famosa alba di Bagan in cima a una delle piu’ alte pagode in citta’. Contrattiamo per 8000 kyat che comprende: trasporto da bus station a guesthouse dove lasciamo I bagagli, trasporto da guesthouse a tea shop a caso, attesa di 3 ore sorseggiando te e gustandoci una ignobile partita di calcio (pesaro-juventus, eh gia!), trasporto da te shop a pagoda, attesa di almeno un’ora per degustazione alba, trasporto da pagoda a guesthouse. Mica male come piano. L’alba devo ammettere e’ stata suggestiva, molto bello vedere piano piano spuntare pagode da ogni parte della pianura, se ne contavano a centinaia solo dal nostro lato. Dopo l’alba quindi ritorniamo in guesthouse, dove facciamo il checkin e ci gustiamo una bella e ricca colazione.
Ovviamente sul bus abbiamo dormito poco, quindi la giornata scorre via in un dormicchiare, mangiare, vagare, leggere, riposare, insomma a fare una beata ceppa di minkia. Si fa sera e ci ritroviamo a mangiare in un bel localino che si chiama “Power Five”, pochissimo fuori dalla affollata strada brulicante di turisti e ristoranti carissimi, qui veniamo serviti e riveriti in modo molto carino, serviti da ragazzi premurosi e gentilissimi, birra molto economica alla spina 0,50 cents, portate abbondanti e conto non salato per niente. Nanna time.

Giorno 15
Sveglia presto, colazione e pronti via per la biciclettata intorno a Bagan. Questa volta il girovagare e’ confuso e senza meta, ripassiamo 3 volte dalla stessa strada, ci impantaniamo spesso nella sabbia, e a un certo punto Sjeela buca anche una gomma. Ci fermiamo a ripararla e ripartiamo a pedalare, che pero’ dura poco, perche dopo un breve tratto sabbioso pieno di piante spinose e bastarde, entrambi buchiamo le gomme e Sjeela scopre pure con enorme gioia, di avere una bella diarrea. Ottimo! Bagan non e’ entusiasmante, e’ piena di turisti e I locals che si incontrano sono un po scontrosi e quelli amichevoli lo sono solo perche vogliono venderti qualcosa. Visitiamo inoltra un workshop molto interessante dove creano a mano oggetti in laquerware. Decidiamo di tornare verso casa, onde evitare qualche altra sfiga improvvisa, dopo che Sjeela ha lasciato ricordini in ogni angolo di Bagan, pure in un monastero dove ci eravamo fermati per chiedere ai monaci di gonfiarci le gomme, ormai tutte bucate. Incontriamo pure il nostro amico israeliano che abbiamo conosciuto a Kalaw, ci facciamo un pezzo di strada insieme per poi separarci davanti alla nostra guesthouse.
Ci aspetta una bella doccia, un riposino e poi un altro giro di bus, questa volta direzione Yangoon e poi a ovest verso il mare.

Giorno 16
Arriviamo a Yangoo dopo 9 ore di bus abbastanza faticose, dalla bus station prendiamo un altro taxi direzione: Un’altra bus station! Fra un paio d’ore un altro bus parte in direzione Pathein, a ovest verso il mare, per poi dirigersi alla fine verso Chaungtha. Dopo le 9 ore di bus, ancora 7 ore ci separano dal mare, e cosi finalmente dopo 18 ore di viaggio, arriviamo a destinazione. Appena messo piede a Chaungtha, un ragazzo del posto che lavora presso “Mister George”, ci approccia e si propone di aiutarci a trovare una cheap guesthouse. Ci riesce in poco tempo, e in men che non si dica, siamo gia nella nostra “casetta” per ben 13$ a notte con mega colazione inclusa. Ci buttiamo nel letto e ci addormentiamo e ci svegliamo nel tardo pomeriggio, cosi non ci resta che fare una perlustrazione del paese e chaccherare con I ragazzi del posto, per poi abbuffarci per cena con dell’ottimo barracuda, insalata, birra e verdure. Speso 11000 kyat in due.

Giorno 17
Ci svegliamo moderatamente presto, ci aspetta una bella colazione compresa nel prezzo: caffe, te, succo di frutta, due piatti colmi di dolcetti tipici, fried rice with vegetables and eggs, e dopo st’abbuffata siamo pronti per una giornata all’insegna del relax. Torniamo dal ragazzo che ci ha accolto il giorno prima per decidere che tipo di escursioni si possono fare. Ci sbattiamo in spiaggia per una nuotata, l’acqua e’ pulita e poco torbida, dopodiche’ ci spariamo una bella camminata verso una spiaggia chiamata Twin Rock, dove troviamo dei tipo che offrono escursioni a cavallo, cosi decidiamo di iniziare le contrattazioni. Ci aiuta nelle contrattazioni un simpatico ingegnere di Yangoon che lavora li in zona, quindi per 5 ore di cavallo arriviamo a contrattare sui 25000 kyat. Torniamo verso la nostra spiaggia, ma da perfetti pigroni, scrocchiamo un passaggio da un tizio in moto, che alla fine paghiamo 1500 kyat. Mi staco dimenticando! La stessa mattina siamo andati al mercato del pesce per scegliere il nostro pranzo: due belle aragoste fresche fresche di giornata (1 kilo 19000 kyat). Quindi dopo la spiaggia di Twin Rocks decidiamo di tornare appunto al mercato per recuperare le aragoste che avevamo lasciato li in mattina,a gia pagate, ma era abbastanza presto, e scorgendo da un muretto dei monaci novizi giocare a calcio, non resisto, e trascino Sjeela dentro il monastero, io per giocare a calcio, lei rimane a chiaccherare con un monaco anziano e con altri due tizi del posto. Io mi diverto un casino e dopo poco si aggiungono altri ragazzi. Finita la partitella ci intratteniamo con il monaco che ci offre te, biscotti, caramelle e plumcake. Dopo una bella chiaccherata ci dirigiamo verso le nostre aragoste, ma arrivati li scopriamo con nostra sorpresa, che il nostro amico le aveva gia ritirate e probabilmente le stava anche gia cucinando!!
Torniamo in fretta e furia verso “Mister George” e con meraviglia scopriamo che le nostre aragoste erano quasi pronte, con un bel contorno di zuppa, insalata di pomodori, lenticchie e noccioline, tutto preparato in stile burmese. Il pranzo e’ stato divino, la prima volta che Sjeela mangiava delle aragoste!! Dopo un’ultima chiaccherata, torniamo verso casa per farci un riposino e per poi uscire verso sera per un drink. Finiamo in uno di quegli hotel di lusso sulla spiaggia a sorseggiare succo di ananas fresco, dove con un lampo di genio, cerchiamo di contrattare con lo chef per farci cucinare il pesce che portiamo noi fresco dal mercato. La contrattazione finisce con 4000 kyat per tutti e due, riso e verdure comprese. Stanchi e soddisfatti torniamo in stanza per una bella e sana dormita.

Giorno 18
Ci aspetta una giornata intensa: colazione, fish market e poi via verso Twin Rocks per l’escursione a cavallo. Durante la colazione vediamo due cavalli passare e pensiamo: “Pensa che bello se quelli fossero I nostri due cavalli venuti a prenderci”. Incontriamo il tipo dell’hotel di lusso della sera prima che ci accompagna al mercato per scegliere il pesce: 2 big red snapper e 4 gamberoni, costo totale 3200 kyat. Mentre stavamo per portare il pesce all’hotel, incontriamo per strada il nostro amico di “Mister George” e ci comunica che I nostri cavalli ci stanno aspettando al suo shop! Cosa???!!! Erano nostri quindi quei due cavalli che abbiamo visto passare! Andiamo di corsa verso I nostri cavallucci, quindi invece di 5 ore di cavalli decidiamo di farne 4, per il solito prezzo di 5000 kyat all’ora. E si va! La mia cavalla si chiama Ruby e ha 9 anni ed e’ ubbidiente e docile, dopo un paio d’ore siamo gia amiconi e obbedisce a quasi tutti I miei comandi. La cavalcata e’ piacevole, un misto di spiaggia, sterrato, foresta e villaggi. Dopo 4 ore condite da diverse soste per far riposare I cavalli, torniamo alla base. Sjeela e’ abbastanza soddisfatta, anche se entrambi ci aspettavamo qualcosa di piu’ avventuroso e wild, ma e’ stata comunque una bella esperienza. Salutiamo I nostri cavallucci e ci buttiamo sotto la doccia e poi riposito, per poi uscire di nuovo per andare a pranzo, questa volta nell’hotel dove ci aspetta il nostro pesce comprato in mattinata. Dopo il pranzo che ormai si era trasformato in cena, siamo definitivamente cotti e il letto ormai e’ la nostra ultima meta.

Giorno 19
Anche oggi si cazzeggia: fish market dove ci compriamo un po di polipo e pescetti vari per la modica cifra di 2800 kyat. Capatina in spiaggia e verso le 3pm pranziamo nella nostra guesthouse con il nostro pesce. Spendiamo per il servizio, con riso e verdure, 2400 kyat totali. Dopo pranzo relax e nel tardo pomeriggio andiamo a discutere dal solito Mister George per una gita in barca per pescare. Arriviamo a contrattare per 23000 kyat per il noleggio della barca per 5 ore, equipaggiamento per pescare e servizio di cucina per la preparazione dei nostri futuri pesci. Tornando verso sera in guesthouse ci fermiamo in una pasticceria european style dove ci abbuffiamo di dolci di ogni tipo: danish with cream and blueberry, torta alla crema e ancora danish with raisins. La digestione e’ un optional e poi a nanna.

Giorno 20
Giorno di pesca, giorno felice.
Alle ore 9 siamo pronti in barca carichi e gasati, pronti a pescare un miliardo di pesce. Un miliardo di pesci, non un milione, vero Sjeela? Vabbe questa la capiamo solo in 3 o 4 mi sa.
Abbiamo un sacchetto pieno di gamberetti, handlines, ami a manetta, non ci resta che pescare!
Dopo una quindicina di minuti di navigazione, arriviamo nel primo fishing spot e dopo 15 secondi esatti di orologio tiro su I primi due pesci della giornata! 2 in un colpo solo!
Cambiamo diversi posti e dopo le prime 3 ore abbiamo gia un bel po di pesci, io pescati 4 e Sjeela zero. Anzi, dopo che il nostro barcaiolo aveva pescato un bel pesciolino e ce lo aveva buttato vicino per riporlo in barca, Sjeela cosa fa? Le scivola via il pesce di mano e lo ributta inavvertitamente in acqua ahahah! Quindi Ernesto +4, Sjeela -1.
Ci fermiamo poi in una spiaggia deserta e piccolina situata su un isolotto per fare un po di snorkelling. La visibilita’ e’ scarsa quindi dopo poco ci rimettiamo in barca, pronti per un ultimo round di pesca. Nel rush finale Sjeela si riprende e riesce a pescare 4 pesci mentre io nulla. Torniamo a casa con il nostro carico di pesci e mentre I ragazzi ci preparano il pranzo, noi ci facciamo un giro in bici nei villaggi circostanti, dove veniamo accolti in modo caloroso, salutati da tutti e aiutati a trovare la strada giusta quando ci perdiamo. Visitiamo una statua di Buddha enorme e una pagoda. E’ ora di pranzo e ci sbaffiamo I nostri pesci e a cena idem. Ringraziamo il nostro amico per il cibo e per l’accoglienza e ci mettiamo a discutere di tutto e un po: religione, felicita’, ricchezza, amicizia, ecc. Come ogni sera, quando incomincia a calarci la palpebra, ci rintaniamo nella nostra guesthouse, per un meritato sonno ristoratore.

Giorno 21
giornata uggiosa, un po nuvolosa e a tratti piovosa, non ci resta che sbrigare qualche faccenda, tipo lavare I panni, io me ne vado dal barbiere, pulizie varie e giretti nei villaggi vicini. In mattinat acome al solito ci aspetta prima il fish market dove compriamo il nostro bel pesce fresco per poi farcelo cucinare nella nostra guesthouse. Per pranzo ci mangeremo: barracuda, gamberoni, polipetti e delle strane conchiglie, il tutto grigliato e condito da ottime salse burmesi, verdure miste grigliate e l’inmancabile riso.
Dopo pranzo ci facciamo un giro per I villaggi dove compriamo due handlines per pescare da una roccia particolarmente ben posizionata. Non manca come al solito la classica partitella a calcio con I bambini locali, mentre aspettavamo la preparazione delle nostre handlines. Proseguiamo il giro nei villaggi dove a un certo punto veniamo invitati in un piccolo e povero monastero, dove ci viene offerto del te e del caffe, come sempre condito con una bella chiaccherata con il monaco anziano di turno. Dopo aver lasciato un’offerta per il monastero, ci lanciamo verso la spiaggia, dove ci aspetta una nuotatina serale mentre ci gustiamo un bellissimo tramonto. Ottimo modo per finire una giornata uggiosa.
La cena e’ a base di milkshake, si eravamo ancora pieni dal pranzo enorme, quindi nanna.

Giorno 22
Le giornate iniziano sempre con una ricchissima colazione e con un giro al fish market, questa volta non per comprare del pesce ma per comprare delle esche per la nostra giornata di pesca fai da te. Cerchiamo e cerchiamo, ma vuoi l’ora tarda, vuoi che eravamo un po scazzati, ma non troviamo proprio nulla per pescare. Giriamo ovunque, pure al piccolo porto, ma niente. Ripieghiamo su un polipo che ci tocca poi tagliuzzare per 500 kyat, e ci incamminiamo cosi in spiaggia verso la nostra famosa roccia.
La roccia dista circa 50 metri dalla spiaggia durante la bassa marea, quindi ci prepariamo, ci cambiamo e io mi lego tutto il necessario con una corda attorno al corpo (sacchetti, coltelli, esce, handlines, etc). Ci si tuffa e si nuota con agilita’ fino alla roccia, dove incontriamo un signore Japponese, che pesca puntualmente ogni mattina da quella roccia. Chiaccheriamo amabilmente e nel mentre prepariamo la nostra attrezzatura, tagliuzziamo lo squid e provo a tagliuzzare I due crab vivi che Sjeela ha catturato in spiaggia, prepariamo le handlines, siamo pronti! La zona e’ ricca di pesce, ma anche di rocce insidiose, e con la nostre handlines facciamo molta fatica a pescare senza rimanere impigliati in una di esse. A un certo punto Sjeela lancia inavvertitamente la sua handline in acqua, in uno dei suoi momenti di goffaggine da panico, e mi tocca lanciarmi in acqua a recuperarla fra le rocce. Riprendiamo la pesca quando a un certo punto la mia lenza sembra incastrarsi in una roccia. Cerco in tutti I modi di liberarla, ma senza successo, ma la lenza sembra allo stesso tempo tirare, quindi con un colpo deciso libero la lenza dalle rocce e cosa mi ci trovo attaccato? Due bei pesciolini! Ancora due in un colpo solo, UH YEAAHH! La giornata di pesca continua senza colpi di scena, e mentre l’alta marea si avvicina, decidiamo di andare da Mister George per pranzare. Regalo a loro I miei pesci e lo squid avanzato e optiamo invece per un buon pranzo vegetariano, cucinato dalla moglie del nostro amico, ottimissima cuoca. Prima di pranzo pero ci aspetta un lavaggio vestiti, doccia e un attimo di riposo. Il pranzo poi e’ stato ricchissimo, tanti tipi diversi di verdure per soli 2000 kyat a testa. Finito il pranzo ci abbandoniamo in chiacchere con la moglie (Thin Thin) e il suo marito. Io regalo a lui il mio mp3, un paio di boxer mai usati che mi andavano stretti e un libro, Sjeela invece regala alla moglie il suo bellissimo longyi (gonna tipica burmese) e una maglia. Dovete sapere che questi ragazzi guadagnano 30 euro al mese e testa, non e’ un bello stipendio in Myanmar.
Salutiamo I ragazzi e ci andiamo a godere le ultime ore di mare in spiaggia, dove ci aspetta un altro tramonto mozzafiato, forse uno dei piu’ belli mai visti nei miei viaggi.
Per cena un’altra abbuffata di dolci… Goodbye Chaungtha, mi mancherai.

Giorno 23
Colazione e bus per Yangoon, che viaggia di gia con un’ora di ritardo. Arriviamo nella capitale verso le 18, dove saltiamo su un taxi a caso per farci portare in una guesthouse a caso, cheap ovviamente. Dopo circa 30 minuti ci troviamo verso Merchant Street, verso la 23rd street, dove per una camera doppia con doccia calda e aria condizionata, paghiamo 12 dollari a testa. Una ladrata, ma questo e’ il Myanmar e il suo attuale governo. Doccia e relax e ristorante nepalese per cena 4000 kyat in due. Nanna time.

Giorno 24
Ultimo giorno in Yangoon e in Myanmar, la giornata scorre tranquilla e senza strani avvenimenti: un po di shopping, parrucchiere per Sjeela, e io che cerco di irrompere nella casa di Aung Sang Su Ki, sfoggiando il mio burmese, avevo chiesto di prendere un te con la famosa leader, ma I signori all’ingresso mi hanno solo offerto dell’acqua in bottiglia 😦 Giusto 2 giorni prima Obama e’ stato accolto nella stessa casa, quindi perche non ha accolto pure me? Mah!
Scarpiniamo per la grigia e polverosa Yangoon e verso le 5pm saltiamo su un bus super affollato per tornare nei pressi della nostra guesthouse. Doccia, relax e cena indiana. Filmettini nel dopocena e cosi’ si conclude la nostra avventura in Myanmar.

Giorno 25 – The End –
Sveglia prestissimo, impacchettiamo la nostra roba, taxi e aeroporto. Colazione in aeroporto, cambio soldi e cosi inizia il gironzolare in giro aspettando l’imbarco. In queste ore penso a questa esperienza e I pensieri sono molto confusi ma felici, a tratti tristi.
Sono stati 25 giorni molto belli, non pianificati per niente e inaspettati. Ho trascorso questi giorno in compagnia di Sjeela, una ragazza olandese di 23 anni e mi ritengo fortunatissimo ad aver condiviso questa esperienza con lei. E’ stata una preziosa alleata, intelligente, spiritosa, allega e positiva, molto dolce, adattabile a ogni situazione. Ho sempre sostenuto che viaggiare da soli e’ la migliore soluzione, ma quante volte un viaggiatore si trova realmente da solo? Ho sempre intrapreso viaggi in solitatia per poi trovare lungo il cammino persone fantastiche con cui ho condiviso momenti indimenticabili, mi hanno arricchisto mentalmente, emotivamente e a volte spiritualmente. Molti di loro mi leggono tutt’ora e vorrei ringraziarli ancora in queste righe. Non ho bisogno di menzionare I loro nomi, loro lo sanno benissimo. Sjeela e’ una preziosa aggiunta a una lunga lista di persone fantastiche che ho conosciuto in questi anni.

Hey there, I’m still alive!

Hi guys,

after a really long period of inactivity from my lovely blog, I want to announce that in few days I will publish my Myanmar private travel diary.

In the meanwhile, I would like to share again my credo:

Credo Of The Peaceful Traveler

Grateful for the opportunity to travel and experience the world and because peace begins with the individual, I affirm my personal responsibility and commitment to:
– Journey with an open mind and gentle heart
– Accept with grace and gratitude the diversity I encounter
– Revere and protect the natural environment which sustains all life
– Appreciate all cultures I discover
– Respect and thank my hosts for their welcome
– Offer my hand in friendship to everyone I meet
– Support travel services that share these views and act upon them and, by my spirit, words and actions, encourage others to travel the world in peace